Teatro

Anna Mazzamauro: l’atipicità in scena.

Anna Mazzamauro: l’atipicità in scena.

Abbiamo incontrato Anna Mazzamauro a Napoli, dove è andata in scena al Teatro Il Primo con l’attesissimo recital Quando eravamo…da sola, una sorta di viaggio introspettivo tra maschere, voci e gesti di un’attrice brillante e poliedrica che ha saputo fare della sua autoironia e della sua atipicità, un volano d’accelerazione artistica di straordinario impatto emotivo, in grado di offrirle l’opportunità di passare agilmente da personaggi comici ad altri più sofferti e controversi. Signora Mazzamauro, lo spettacolo Quando eravamo…da sola, in scena il 23 novembre al Teatro Il Primo di Napoli, si propone come una suggestiva ripresa di alcune figure ricorrenti della sua carriera teatrale; cosa l’ha spinta verso questo progetto drammaturgico? Innanzitutto sono contenta di ritornare al teatro Il Primo di Napoli per ragioni squisitamente legate alla simapatia del posto e dell’atmosfera, così ho pensato di proporre questo spettacolo particolarmente adatto ad uno spazio teatrale ridotto, intimo. Infatti Quando eravamo…da sola è una messinscena che vede impegnati, oltre la sottoscritta, solo i due musicisti che mi accompagnano, dunque è una sorta di one women show a cui, spero, il pubblico si abbandoni e da cui si faccia magicamente trasportare. Ho iniziato a pensare e a scrivere il testo partendo dal personaggio della Signorina Silvani, da qui ho iniziato un viaggio all’interno delle diverse anime femminili che mi si agitano dentro e ho fatto in modo che prendessero forma, che uscissero allo scoperto e comunicassero tra loro sotto la comune cifra dell’atipicità, lì dove per atipicità non intendo, ovviamente, la banale diversificazione dei caratteri attraverso l’abusato uso dei dialetti. E così, di personaggio in personaggio arrivo fino alla Magnani… A proposito della Magnani, lei è stata autrice e protagonista di un intenso omaggio teatrale alla grande attrice romana. Come nacque il progetto di Raccontare Nannnarella? Devo precisare che il testo su Anna Magnani non nacque da alcun desiderio di imitarla, sarebbe stato grottesco e strampalato, anche fisicamente io e la Magnani siamo tipi diversissimi. In quel caso ho ritenuto oppotuno fare leva sulla romanità che ci accomuna per intraprendere un percorso ancora una volta fondato sul concetto di atipicità, su questa armonica ed inevitabile distanza dalla norma, ed allora non è stato necessario spingersi verso l’emulazione perché, in realtà, attraverso una sorta di sortilegio medianico, un sortilegio che accade solo ed esclusivamente in teatro, per magia, raccontando la Magnani, io mi sentivo lei e lei, chissà, forse sentiva l’ombra della sua voce, nella voce mia. Insomma, in quello spettacolo, racconto la Magnani come se fosse un personaggio teatrale. Qual è il suo rapporto con il cinema e la televisione? Con la televisione non credo di avere alcuna affinità elettiva e non credo di dovere nulla alla televisione, piuttosto al cinema, in quanto, certamente, il cinema mi ha offerto la visibilità e la riconoscibilità e, comunque, dietro alla Signorina Silvani e a Fantozzi, credo ci fossero arte e professionalità. Il mio legame profondo e viscerale è con il teatro. Essere una donna ed essere vocata al teatro comico, le ha creato qualche difficoltà? Assolutamente no, nellla misura in cui io sono un’attrice e basta e, se sono comica, lo sono nel senso seicentesco del termine, cioè pratico con grande piacere un’idea di teatro che si muove di piazza in piazza: i comici della commedia dell’arte avevano i loro carri e le loro carrozze, io la mia utilitaria, ma non mi definirei un’attrice comica. Piuttosto, credo di essere un’attrice che fa tesoro della propria spiccata autoironia, dote fondamentale per chi voglia davvero avere uno sguardo critico ed autonomo sulle cose. Detesto, invece, il modo di essere comici della gag che replica all’infinito la barzelletta, di tanta banalità volgare che viene confusa con la comicità. Sono molti gli imbecilli che si ergono alla statura di comici per il solo fatto di inanellare una manciata di battute di basso profilo e facile impatto popolare. Purtroppo quest’orda di mediocri crede di poter avere la stessa statura artistica di grandi attori, veri comici, che non ci sono più, come Sordi, Tognazzi e Manfredi. Accade proprio come accade che le veline pensano di poter prendere il posto delle attrici vere, certamente si fatica di meno a farsi notare quando si è molto belle ed avvenenti, però io sono convinta che il futuro, il contemporaneo di domani , ci avverte che, oltre qualsiasi facile successo, è ancora necessario sudare e lavorare molto seriamente per raggiungere risultati artisticamente rilevanti.